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Chiudere gli occhi, continuare a vedere

A titolo di chiarimento « Il luogo più oscuro è sotto la lampada » proverbio cinese

Le immagini sono in noi ? Le donne soggetti di queste figure, non sono di fronte all'immagine, ma in essa. Convocano le immagini.

Le persone che hanno lavorato con me non s'ingannano sulla loro contribuzione nel lavoro :...
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Chiudere gli occhi, continuare a vedere

A titolo di chiarimento « Il luogo più oscuro è sotto la lampada » proverbio cinese

Le immagini sono in noi ? Le donne soggetti di queste figure, non sono di fronte all'immagine, ma in essa. Convocano le immagini.

Le persone che hanno lavorato con me non s'ingannano sulla loro contribuzione nel lavoro : esprimo sempre la natura dei miei dispositivi, il loro potenziale esplorativo, senza pregiudicare i limiti di cio che le persone associate a tali iniziative potranno fare. Nero e luce. Apparizione e scomparsa di immagini che sono allo stesso tempo reali e immaginarie.

Realizzazione di un progetto fotografico con un gruppo di ipovedenti

Nell'ambito di una residenza presso il Gruppo di Ricerca e Animazione Fotografico - Centro Mediterraneo dell'Immagine, Graph-cmi, incontro delle persone in situazione di ipovedenza, impegnate da quattro anni in un lavoro di laboratorio fotografico iniziato e inquadrato dalla fotografa Karine Bossavy. In un workshop improvvisato, una volta preso in considerazione che queste persone sono piuttosto abituate a scatti in piena luce naturale, chiedo ad otto di loro, dai 40 agli 80 anni, e il cui coinvolgimento in questo laboratorio rivela immediatamente un interrogativo sensibile sulla percezione visiva : "Sareste tentati da un'esperienza di lavoro nel buio ?"

Un perimetro di percezione tattile è quindi delimitato mediante pareti trasparenti e flessibili. In modo tale che queste persone, nessuna delle quali è ipovedente di nascita, possano ritrovare intuitivamente la configurazione di questo spazio dato, ricreato mentalmente e che "finiscano per vedere" per citare le loro stesse parole.

A questo perimetro destinato a delimitare il quadro d'azione artistica, aggiungo una sola lampadina nuda. Appesa all'estremità del filo. All'altezza della testa. Mobile. A seconda degli impulsi che gli vengono dati, calore e variazioni d'intensità luminosa rendono percettibile e quasi visible questa sorgente luminosa per le persone ipovedenti.

La macchina fotografica rimane fissa. Nessun operatore designato. Segnalo inoltre che i tempi di posa lunghi - è a questo ritmo che lavoro spesso - ci permetteranno di imprimere sia le eventuali oscillazioni della lampadina, sia i movimenti che potremmo essere tentati di esplorare. In questo movimento di pendolo, la luce attira i volti e i corpi. Illumina mentre lascia la sua traccia. Sembra delinearsi un codice visivo. La programmazione dell'attivazione automatica della ripresa libera ciascuno dalla preoccupazione della captazione.

Il rigore formale di questo dispositivo mira a inquadrare, senza bloccarla, la spontaneità dei gesti improvvisati. Si rivela inoltre idoneo ad accogliere effetti di caso o di incidente.

In generale ho voluto intervenire il meno possibile per consentire la creatività. Al piacere di cercare e costruire insieme, si è aggiunto un senso di libertà, che ha fatto cedere, via facendo, un certo numero di convenzioni sociali. Al punto che si è espresso il desiderio, in primo luogo, di "fare pelle nuova". Poi il desiderio di fare "pelle nuda".

Osservo allora che essere privati della capacità di vedere può suscitare immagini inedite.

Non sono mai sicura di cosa vien fuori.

È proprio questo che mi interessa.

A partire da tutto il materiale accumulato, imagini e parole registrate, mi ci sono immersa per estrarne dei frammenti. Basta un frammento, e il resto verrà.
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